Contro le trivelle, più di 30 ore di protesta in Sicilia

Gli attivisti di Greenpeace hanno protestato pacificamente presso la piattaforma di estrazione “Prezioso” di Eni mediterranea idrocarburi, nel Canale di Sicilia, al largo della costa di Licata (Agrigento), lo scorso 14 ottobre. E vi sono rimasti per più di 30 ore. La loro azione è finita, ma non la loro battaglia contro le fonti fossili. L’appoggio non è mancato: cittadini comitati locali e anche amministrazioni pubbliche, che hanno espresso la loro vicinanza agli attivisti. La protesta si è conclusa insicurezza e senza incidenti.

In particolare,  con l’appoggio della nave Rainbow Warrior, una decina di attivisti aveva scalato la piattaforma appendendo uno striscione su cui era raffigurato il presidente del consiglio Matteo Renzi che prometteva “Più trivelle per tutti”, accompagnato dalla richiesta di Greenpeace “Stop fossil, go renewable”. Altri attivisti si erano ritrovati su una zattera di salvataggio gonfiabile che avevano ancorato alla piattaforma. Sulla zattera c’erano altri messaggi che chiedevano di abbandonare le fonti fossili, fermare le trivelle e scegliere le energie rinnovabili.

Di seguito le motivazioni della loro protesta, come riportato nel comunicato: “L’azione di Greenpeace è rivolta contro il decreto Sblocca Italia che promuove una deregulation selvaggia delle attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi a mare e rischia di tradursi in un vero e proprio “Sblocca trivelle”. Il governo Renzi vuole dare il via libera allo sfruttamento delle scarse riserve di petrolio presenti sotto i nostri fondali. Eppure l’Italia dovrebbe essere impegnata – avendo la Presidenza di turno del Consiglio UE – a guidare l’Unione verso obiettivi più ambiziosi di difesa del clima, puntando con decisione su fonti rinnovabili ed efficienza energetica e consegnando al passato le fonti fossili. “Siamo entrati in azione per contrastare una politica ‘fossile’ sballata, in controtendenza con ogni ragionevole scenario energetico e opposta a ogni strategia di valorizzazione delle vere risorse dell’Italia: il mare, il paesaggio, la biodiversità. Renzi è sulla strada sbagliata, e fin quando la percorrerà troverà sempre la forte opposizione di Greenpeace”, ha affermato Andrea Boraschi, responsabile
della campagna Energia e Clima dell’associazione.
Non distante dalla piattaforma dove si svolge l’azione, ENI vorrebbe realizzare una nuova piattaforma, due pozzi esplorativi, sei pozzi di produzione e i relativi oleodotti. Alcuni di questi pozzi sarebbero a sole 11-12 miglia nautiche dalla costa. Questo progetto, denominato “Offshore Ibleo”, ha già ricevuto una Valutazione d’Impatto Ambientale positiva. Contro questo provvedimento, Greenpeace e una larga coalizione di associazioni e 5 amministrazioni locali interessate dalprogetto, ha promosso un ricorso presso il Tar del Lazio. La VIA, come mostrato da Greenpeace in un rapporto, è fortemente lacunosa e approssimativa.
Secondo le valutazioni del ministero dello Sviluppo economico ci sarebbero nei nostri fondali marini circa 10 milioni di tonnellate di petrolio di riserve certe. Stando ai consumi attuali, coprirebbero il fabbisogno nazionale per appena 8 settimane. Già oggi le aree marine richieste o già interessate dalle attività di ricerca di petrolio si estendono per circa 30 mila chilometri quadri, cinquemila in più rispetto allo scorso anno. Sul bacino del Mediterraneo si concentra più del 25 per cento di tutto il traffico petrolifero marittimo
mondiale, già responsabile di un inquinamento da idrocarburi che non
ha paragoni al mondo. La deregulation che il governo nazionale sta promuovendo riguardo l’estrazione di idrocarburi in mare è in contrasto con due direttive europee e rischia di esporre l’Italia a costose procedure
d’infrazione. Non è disponibile alcuna stima di come queste attività impatterebbero negativamente su altri settori, tra cui il turismo e la
pesca sostenibile. Soprattutto questa prospettiva economica è insensata da un punto di vista energetico, creerebbe ben poca occupazione, scarsissimo gettito fiscale e sarebbe in aperto conflitto con gli impegni presi dallo stesso presidente del Consiglio per decarbonizzare presto la nostra economia.
“Renzi ha detto che non si può rinunciare a estrarre il nostro petrolio, poco e di scarsa qualità, per l’opposizione di tre o quattro comitatini locali. È male informato: non si tratta di piccoli comitati, ma di una rete di migliaia e migliaia di persone, che si va organizzando per proteggere il mare, le coste, il turismo, la pesca sostenibile, la bellezza del Paese”, ha concluso Boraschi.