Un cucciolo di scimpanzé tra i resti dei genitori uccisi

Aveva gli occhi stravolti dall’angoscia ed era rannicchiato fra le teste e le mani mozzate della sua famiglia, il piccolo di scimpanzé trovato dagli attivisti della Laga, ong specializzata nella difesa della fauna selvatica africana che, assieme alla polizia del Camerun, ha bloccato il cargo di due trafficanti di animali diretti in Nigeria. I criminali, dopo aver fatto a pezzi sette scimpanzé per venderne le carni, i crani, gli arti (i collezionisti sono sparsi in tutto il mondo, addirittura con le mani delle scimmie c’è chi realizza portacenere, mentre le scaglie di pangolino sono richieste dalla medicina orientale), avevano deciso di non uccidere il piccolo. Hanno pensato che sarebbe stato meglio venderlo vivo a qualche zoo, circo e a chi pratica la vivisezione. Sono stati arrestati e rischiano tre anni di carcere. In tutto le teste trovate erano sette, mentre tra mani e piedi si arrivava a trenta “pezzi”. Il cucciolo, affidato subito a cure veterinarie, continua a essere terrorizzato dall’essere umano. Il direttore della Laga, Ofir Drori , l’associazione che ha motivato l’arresto di più di mille fra bracconieri e trafficanti in otto stati, dice che: “Non dobbiamo concentrarci solo sui piccoli criminali ma individuare e colpire l’immenso traffico internazionale di cui sono satelliti”.  Secondo lui, oggi i i grandi primati finiscono vittime di affari mostruosi, e i recenti sequestri lo confermano. Non solo: questi commerci coinvolgono molte altre specie protette come elefanti, rinoceronti, antilopi, armadilli e leopardi.