I ministri dei Paesi membri dell’Unione Europea devono decidere le quote di pesca per gli stock ittici dell’Atlantico e del Mare del Nord, per il 2015, e nel farlo devono tener conto della nuova normativa europea sulla pesca, in vigore dai primi mesi del 2014, che richiede ai Paesi comunitari di fermare la pesca eccessiva e promuovere il passaggio a sistemi di pesca sostenibili e meno impattanti per l’ambiente. L’allarme “mari vuoti” è stato lanciato da Greenpeace. La fauna acquatica ha possibilità di recupero solo se le quote di pesca vengono fissate in base alle raccomandazioni scientifiche: per garantire un futuro alla pesca e alle comunità che da essa dipendono, c’è bisogno di azioni concrete a favore dei pescatori che operano con un basso impatto sull’ambiente. La flotta di pesca dell’Unione Europea è cresciuta a un livello insostenibile e usa troppi sistemi di pesca distruttivi. Nel frattempo i piccoli pescatori artigianali sono costretti a lasciare il lavoro perché i governi hanno deciso di mettere le quote di pesca nelle mani sbagliate, favorendo i grandi pescherecci industriali che impoveriscono e distruggono i mari.