La maledizione dell’oro bianco. A Mombasa, città costiera del Kenya, a fine dicembre 2014 è cominciato il processo a uno dei criminali più ricercati del paese, Feisal Mohamed Ali, arrestato in Tanzania e poi estradato con l’accusa di “traffico illegale di trofei da caccia di animali esotici”. Fuori di legnosa metafora giuridica, di contrabbando d’avorio. Bramato per le sue pretese virtù terapeutiche, se non addirittura magiche, l’avorio viene conteso a peso d’oro in Asia. Ma il suo contrabbando sta facendo terra bruciata delle riserve naturali africane. Gli elefanti potrebbero scomparire nello spazio di una generazione. E così molti sperano che il processo di Mohamed Ali possa mettere a nudo i circuiti illegali e le complicità che permettono il traffico dall’Africa all’Asia, dove l’avorio si vende a 2.000 dollari al chilo. Come spiega Paul Gathitu, portavoce di una ong del Kenya. “Non bisogna arrestare solo i pesci piccoli ma anche quelli grossi. Non importa il livello di responsabilità, le loro ricchezze e le loro relazioni con l’estero. La legge prevede che vengano arrestati”. Poco più di una speranza. Secondo uno studio recente, in Kenya solo il 7% delle persone condannate per crimini nei confronti di elefanti o rinoceronti vengono poi incarcerati. Segnale delle complicità ai più alti livelli di cui dispongono le reti di bracconaggio e contrabbando che qualcuno ha definito la mafia dell’avorio.Una severa condanna di Mohamed Ali potrebbe essere un segnale in controtendenza.”Se il processo andrà in porto, spiega un funzionario di polizia, si tratterà di un esempio dissuasivo. Un aiuto per il lavoro della polizia e per il sistema giudiziario del Kenya”.