Una miniera di carbone al posto di una delle più importanti foreste vetuste indiane, ma Greenpeace non ci sta e si oppone da anni al folle progetto, insieme alle popolazioni locali. Se venisse attuato, metterebbe a rischio l’intero ecosistema, distruggerebbe oltre quattromila alberi e la principale fonte di sostentamento e vita per oltre cinquantamila abitanti dei villaggi intorno alla foresta. E ora, per la terza volta, il Ministero dell’Ambiente chiede al Ministero del carbone di negare l’autorizzazione all’apertura della miniera del Madhya Pradesh. Tra i principali protagonisti di questa battaglia, Priya Pillai, campaigner di Greenpeace India, che è stata recentemente bloccata mentre si trovava all’aeroporto di Nuova Delhi, in partenza per Londra, dove avrebbe dovuto raccontare al Parlamento inglese quanto sta accadendo. Nonostante tutto, però, lei è riuscita a farsi ascoltare tramite Skype. E dopo anni di minacce e azioni legali contro chi difende la foresta, forse si è arrivati finalmente a un punto di svolta. Il 22 dicembre 2014 il Ministero dell’Ambiente indiano ha reso noto un memorandum in cui si dice che, anche se il progetto è stato accordato in prima istanza, la foresta di Mahan non può essere messa all’asta perché ricade nella zona delle “foreste inviolate” e i lavori minerari non sono ancora iniziati. Ora, tocca al Ministero per il carbone chiarire la sua posizione su quanto espresso dall’altro dicastero. Greenpeace India ha sostenuto tutti i villaggi tribali nel distretto di Singrauli, nello stato del Madhya Pradesh, che si sono fortemente opposti al progetto minerario. Oltre un milione di persone ha firmato la petizione di Greenpeace a sostegno della campagna chiamata Junglistan e questo parere negativo alla miniera è un passo fondamentale per la salvaguardia di tutte le foreste, una buona notizia per l‘India e per il clima.