Una Amazzonia privata dei suoi colori accesi ma non del mistero e della cultura di chi l’ha popolata. E’ un viaggio nel cuore della giungla più profonda quello raccontato in un magnifico bianco e nero da Ciro Guerra in “L’abbraccio del serpente”, pellicola che potrebbe regalare il primo Oscar nella sua storia alla Colombia, grazie alla nomination per il miglior film in lingua straniera.Il racconto è ispirato ai quaderni di viaggio di due esploratori europei, un etnologo e un botanico all’inizio del XX secolo. La storia dell’incontro fra due mondi però è raccontata dal punto di vista degli indigeni, interpretati da attori non professionisti, pescati fra le tribù che ancora oggi vivono nella giungla. “La storia che racconta il film è reale – spiega l’indio Miguel Ramos, che nella pellicola interpreta l’assistente dell’etnologo tedesco Koch-Grunberg – quanto successo a Chorrera, il massacro del popolo Uitoto, è vero. La comunità indigena del Rio delle Amazzoni, di Brasile, Colombia e Perù fu costretta a convertirsi al cattolicesimo”.Uno sciamano ha il ruolo principale di questo film che racconta la scoperta del caucciù, la sua estrazione e il massacro della vegetazione e delle popolazioni locali. Al contempo è raccontata l’opera di evangelizzazione che ha portato all’annientamento della cultura delle comunità amazzoniche. Ma oggi in qualche modo alcune di queste si sono isolate nel cuore della giungla per conservare la propria identità. Hanno ringraziato il regosta Guerra per aver raccontato la verità della loro storia. Che è arrivata fino ad Hollywood e, forse, vincerà l’Oscar.