Mentre in Europa si avvicina un voto cruciale sulla proposta di Bruxelles per un tetto alle emissioni di ossidi di azoto da grandi impianti a combustione, Germania e Bulgaria salgono sulle barricate per difendere l’industria del carbone dalle misure comunitarie.
Il ministero dell’ambiente tedesco, secondo ENDS Europe, avrebbe espresso preoccupazioni agli stakeholders sul limite di 175 mg/Nm3 per le emissioni di NOx che inciderebbe sulle grandi centrali a lignite. Il paese è costellato di questi impianti che, secondo una classifica stilata recentemente dagli analisti di Sandbag, presidiano saldamente la classifica dei primi 10 inquinatori in Europa.
Il nuovo tetto agli ossidi di azoto è inserito in un documento della Commissione Europea che mira a introdurre le migliori tecnologie disponibili e fissa standard vincolanti per le centrali con potenza termica superiore ai 50 MW. Il testo dovrà passare il voto degli stati membri il prossimo 28 aprile, e non è scontato che venga accolto. Secondo l’industria, la Germania dovrebbe votare contro per «legge costituzionale».
Il boicottaggio, per ora non ancora palese, del governo tedesco a queste nuove misure, sarebbe motivato dagli alti costi che l’industria dovrebbe sostenere per l’installazione delle tecnologie di depurazione dei fumi. In sostanza, tale sarebbe lo sforzo per adeguarsi, che diverse centrali potrebbero optare per la chiusura. Un fatto auspicabile per gli ambientalisti, da tempo schierati per un’uscita rapida dal carbone, che in Germania rappresenta ancora quasi metà della produzione elettrica.
Ma l’esecutivo, in particolare il Ministero dell’Ambiente, starebbe negoziando con l’UE per ottenere di alzare il limite almeno a 190 mg/Nm3.
Regno Unito, Polonia, Finlandia, Grecia e Repubblica Ceca hanno già pubblicamente dimostrato l’ostilità alla proposta europea, finalizzata ormai l’estate scorsa dopo un lavoro iniziato nel 2013. Il fuoco di sbarramento di questi paesi è riuscito a rinviare il voto sul testo nell’ottobre 2016, e oggi il quadro non è cambiato.
La Bulgaria, dal canto suo, non è affatto propensa a votare un testo con tetti per le emissioni di mercurio e anidride solforosa definiti «proibitivi». Secondo il Ministero dell’Energia il regolamento farebbe molto male ad impianti a lignite nel bacino del Maritsa, nel sud del paese, considerati imprescindibili per la sicurezza energetica bulgara.
Circa 7.500 persone hanno formato un’incredibile catena umana, Sabato, per protestare contro l’estensione prevista di diverse miniere di carbone a cielo aperto. Se si realizza il progetto, la terra diventerà un grande pozzo di carbone con le maggiori emissioni di anidride carbonica (CO2) d’Europa, ha avvertito in una dichiarazione Meri Pukarinen di Greenpeace Polonia, felice tuttavia della crescita del movimento anti-carbone.