Donare il sangue può salvare la vita: due volte. In primo luogo a coloro che hanno necessità di trasfusione ma anche al donatore. Secondo i dati raccolti dal Centro Nazionale Sangue, nel 2017 quasi duemila persone, circa l’uno per mille del totale dei donatori, hanno scoperto di avere un’infezione da virus dell’epatite B o C, HIV o Treponema pallidum attraverso le analisi che si fanno prima di donare il sangue. Nel 2017, le principali positività riscontrate sono quelle per epatite B (751 su 1.778 donatori positivi) e per sifilide (642); molti meno sono risultati i donatori positivi all’HIV (96) e al virus dell’epatite C (315). Negli ultimi anni le positività per epatite B sono diminuite mentre sono aumentate quelle da Treponema, una tendenza che segue anche quella della popolazione generale. “Questi dati testimoniano l’efficacia del sistema di selezione, che è capace di ‘intercettare’ i potenziali donatori positivi, come dimostra anche il fatto che da oltre un decennio non ci sono infezioni da questi agenti trasmesse attraverso le trasfusioni. – spiega Giancarlo Liumbruno, Direttore Generale del Cns – Ci sono però alcuni aspetti che si possono migliorare nell’emovigilanza, soprattutto sotto il profilo dell’uniformità delle procedure usate nelle diverse regioni per la gestione dei risultati dei test e dei donatori positivi”.