Si allunga la finestra temporale per somministrazione terapie in caso di ictus cerebrale, patologia che, nel nostro Paese, colpisce circa 150.000 persone ogni anno. Per aumentare le possibilità di recupero e limitare le conseguenze disabilitanti causate dall’ictus intervenendo con la trombolisi, cioè con la somministrazione di un farmaco capace di disostruire l’arteria cerebrale occlusa, si opera entro le prime 4,5 ore dalla comparsa dei sintomi o con la trombectomia meccanica (utilizzando cioè device meccanici per via endovascolare) entro le prime 6. Quella cerebrovascolare è, infatti, una patologia tempo-dipendente: indipendentemente dalla gravità del quadro clinico, è fondamentale che, in presenza dei sintomi dell’ictus, la persona venga trasportata dall’ambulanza del 112 al Pronto Soccorso dell’Ospedale dotato di Unità Neurovascolare (Stroke Unit) più vicino. Dal Congresso dell’European Stroke Organisation arriva invece la notizia che il trattamento trombolitico può essere somministrato, con buoni risultati, entro una finestra temporale più lunga – che può arrivare fino alle 9 ore dopo la comparsa dei sintomi – in pazienti selezionati con l’utilizzo delle più recenti tecniche di neuroimaging. “L’efficacia della terapia dipende dal tempo – conferma Danilo Toni, Presidente dell’Italian Stroke Organization e Direttore Unità di Trattamento Neurovascolare e Neurologia d’Urgenza Policlinico Umberto I di Roma -. È stato dimostrato che la mortalità, il rischio di emorragie intracraniche e le disabilità permanenti diminuiscono in maniera significativa ogni 15 minuti giocati in anticipo sull’ictus”. In base ai dati raccolti nello studio Burden of Stroke – Impatto dell’Ictus in Europa (pubblicato nel 2017), si stima che entro il 2035 si verificherà complessivamente un aumento pari al 34% del numero totale degli eventi cerebrovascolari acuti nell’Unione Europea e che, conseguentemente, salirà anche il numero delle persone che dovrà convivere con gli esiti di una patologia che diventa cronica.