L’artista dissidente cinese Ai Weiwei è preoccupato per ciò che sta avvenendo ad Hong Kong, e teme il ripetersi della repressione di piazza Tienanmen nel 1989, a Pechino. In una intervista alla France Presse Television, l’artista 61enne ha spiegato che la Cina è una “società che sacrifica qualsiasi cosa per mantenere il controllo”. “Il governo cinese, alla fine, se non riuscirà a sedare queste manifestazioni, ricorrerà alla violenza. Non c’è altro modo, non possono negoziare sulla situazione. Non è una capacità che hanno. Tutto quello che hanno sono militari e polizia”, dice nell’intervista realizzata nel suo studio a Berlino. “La violenza non è solo fisica, la violenza è mentale, si rifiuta di discutere. Questo tipo di violenza, questa violenza di Stato, è orribile. Quindi, rispetto a ciò che ha fatto lo Stato, non c’è violenza da parte dei manifestanti”. E sui manifestanti, dice: “Condivido la loro frustrazione, mi sento come uno di loro”. L’analisi di Ai Weiwei arriva dopo tre mesi di proteste che si stanno consumando nell’ex colonia britannica, ritornata alla Cina nel 1997. Manifestazioni dei militanti pro-democrazia con la contestazione del progetto di legge sulle estradizioni che, a detta degli oppositori, aiuterebbe Pechino a mettere le mani sui dissidenti.