L’uomo ha sempre convissuto con la fauna selvatica e fin dagli albori dell’agricoltura vi sono stati conflitti tra animali e attività antropiche. Negli ultimi decenni si è intervenuto nel modo più sbagliato possibile sia da un punto di vista scientifico che etico, ossia con l’abbattimento, con l’uccisione indiscriminata e spesso violenta degli animali.
Ciò ha favorito in realtà l’aumento degli impatti e ha acuito per lo più il fenomeno che in teoria si sarebbe voluto contenere. Fortunatamente più di recente è riuscita a emergere una nuova concezione di gestione faunistica, più etica ma soprattutto anche più scientifica e funzionale costituita, cioè, dai metodi ecologici. Tra questi spicca per efficacia e successo in determinati contesti il controllo della fertilità.
Ma non basta solo il metodo, è importante anche l’approccio con cui ci si pone innanzi al problema o al fenomeno, qualunque esso sia. Tale approccio è di tipo “ecobioevolutivo” ossia deve tenere conto sempre del contesto a livello storico, naturalistico, ambientale, faunistico e antropico, oltre a prevedere eventuali scenari a medio e lungo termine per ottimizzare così anche la gestione e l’ottimizzazione delle risorse e infine del metodo stesso.