Secondo il registro regionale delle installazioni autorizzate aggiornato al 2022 (*) sono più di 1800 le aziende lombarde soggette ad AIA, ossia quelle attività a forte rischio inquinamento e ad alto impatto ambientale. Si tratta, ad esempio, di impianti di produzione e trasformazione di metalli, di gestione dei rifiuti, industrie chimiche, attività energetiche e allevamenti intensivi. I numeri risultano particolarmente significativi se analizzati a livello provinciale in quanto dimostrano che negli anni alcune aree sono sottoposte ad un forte stress ambientale. La concentrazione di questo tipo di attività produttive in determinate province mette in evidenza la mancanza di una programmazione regionale e provinciale in grado di evitare il rischio di impatti cumulativi. In Lombardia sono 810 le autorizzazioni integrate che riguardano impianti industriali, 293 quelle relative alla gestione di rifiuti e 740 gli allevamenti intensivi. Il 51% di questo tipo di aziende sono concentrate nelle province di Brescia, Cremona e Mantova, ovvero quelle province messe sotto osservazione dalla Agenzia Europea per l’Ambiente. In un recente rapporto l’agenzia aveva messo nero su bianco le criticità regionali con oltre 10 mila decessi prematuri dovuti all’esposizioni di inquinanti, attribuendo il triste primato a Cremona, con 127 morti premature ogni 100mila abitanti, circa 468 nel totale (dati 2019) e seguire Brescia e Mantova, con 123 decessi ogni 100mila abitanti. Il 46% delle industrie di produzione e trasformazione metalli sono in provincia di Brescia, che conta la presenza di 150 siti su un totale regionale di 326. Dei 740 allevamenti intensivi presenti in regione, ben 590, ovvero l’80% del complessivo, è localizzato in solo tre province: Brescia con 229 (31%), Mantova 214 (29%) e Cremona 147 (20%). Numeri alla mano, tutta la provincia di Cremona, conta 207 aziende con autorizzazione AIA, di cui 24 quelle a carattere energetico/industriale ed 11 per la gestione di rifiuti. A rendere ancor più preoccupante il quadro sono i circa 5 milioni di capi allevati in provincia tra pollame, suini e bovini che sono causa del 95% delle emissioni di ammoniaca (Nh3) e che, insieme al traffico veicolare, al riscaldamento domestico e all’industria, contribuiscono in modo determinante all’alta concentrazione di PM10 e PM 2,5. Infatti, oltre all’ammoniaca, stando ai dai disponibili, le aziende ad autorizzazione AIA emettono, in base alla loro natura, sostanze come il protossido di azoto, il benzene, fenoli, acido cianidrico, metalli e polveri inquinanti di vara natura. Considerato il grande impatto cumulativo a cui sono sottoposti il territorio cremonese e le province limitrofe non c’è quindi da stupirsi dell’allarme lanciato dall’ultimo rapporto di Legambiente che segnala grandi ritardi in termine di riduzione delle emissioni entro il 2030 e che relega Cremona per l’ennesima volta ai primi posti della non meritoria classifica delle province maggiormente inquinate.
Marco Degli Angeli